L’equalizzatore è un apparato che opera su di un segnale audio con la finalità di “modificarne” la distribuzione spettrale, ovvero il livello delle sue componenti in funzione della rispettiva frequenza, assecondandola alle esigenze tipiche dell’utente o della applicazione.

Le applicazioni di un equalizzatore nell’audio professionale sono varie e diversificate. Nell’ambito di un impianto di diffusione sonora, ad esempio, noto il livello acustico prodotto nel piano di ascolto alle frequenze di interesse (non solo alla frequenza di riferimento di 1 kHz), impiegando un equalizzatore è possibile realizzare una compensazione fisiologica del programma sonoro (effetto loudness), incrementando opportunamente l’intensità delle componenti di frequenze basse ed alte rispetto a componenti di frequenze intermedie. Un’altra applicazione tipica dell’equalizzatore si esplica nel controllo degli effetti di rientro acustico (acoustic feedback), ottenibile riducendo più o meno drasticamente il livello delle componenti di segnale le cui frequenze sono prossime a quelle di innesco.
Ancora, sistemi audio (soprattutto sistemi di altoparlanti) deficitari in termini di unformità di risposta in frequenza, possono essere “puntellati” con l’uso di un equalizzatore andando a livellare opportuna-mente intervalli di enfasi o di calo.

Cos'è e a cosa serve un equalizzatore? - fronte

Il frontale di un equalizzatore di tipo convenzionale si presenta come un ordinato insieme di controlli, in genere a cursore (“slide controls” o “slider” in inglese), che intervengono su ristretti intervalli di frequenze della banda audio. Sovente vi si trova anche un regolatore di volume principale (“master” o “main” in inglese), che agisce sul livello del segnale di uscita, e dei filtri passa-basso (“low-pass” o “high cut” in inglese) e passa-alto (“high-pass” o “low cut” in inglese) a frequenza di taglio regolabile o fissa.

Cos'è e a cosa serve un equalizzatore? - retro

Posteriormente, si hanno i connettori per il collegamento, bilanciati (es. tipo XLR) per impieghi professionali e sbilanciati (es. tipo jack phono o RCA) per impieghi semi-professionali. Da ciò si deduce che l’equalizzatore accetta segnali a livello di linea e restituisce segnali elaborati ma sempre a livello di linea, e dunque va ad esempio posto tra l’uscita preamplificata di un mixer o di un amplificatore e l’ingresso di un amplificatore di potenza.

Un equalizzatore può agire su di un solo segnale alla volta, ed allora si dice mono, su due segnali di-stinti alla volta, e allora si dice stereo, oppure ancora su più di due segnali distinti per volta, ed allora si parla di equalizzatore multicanale.

Esistono due tipologie principali di equalizzatore: grafico e parametrico.

Un equalizzatore grafico è fondamentalmente un insieme di controlli di volume ciascuno dei quali è in-caricato di agire su componenti di segnale appartenenti ad un ben preciso intervallo di frequenze; l’insieme dei controlli dei toni bassi e alti presenti in alcuni vecchi amplificatori a valvole può essere considerato l’antenato degli attuali equalizzatori grafici. Sul piano strettamente progettuale, ogni controllo dell’equalizzatore è implementato mediante un filtro passa-banda centrato ad una certa frequenza di riferimento e questo fa sì che siano possibili svariate realizzazioni circuitali a parità di frequenza centrale e di gamma di intervento. Un filtro passa-banda, infatti, si caratterizza primariamente per una certa “banda passante” (l’intervallo compreso tra le frequenze di taglio inferiore e superiore) e per la “pendenza di attenuazione fuori banda”; il comportamento in frequenza nelle regioni di transizione dipende poi dalla famiglia (Butterworth, Linkwitz, ecc.) di appartenenza del filtro. Considerando la curva in fig. 1, questa può rappresentare l’andamento dell’attenuazione introdotta dallo slider abbassato al minimo oppure l’enfasi introdotta con lo slider innalzato al massimo.

Risposta in frequenza e parametri caratteristici di un tipico filtro passa-banda per equalizzatori. L'ampiezza può essere intesa sia come attenuazione sia come enfasi.

Fig. 1 – Risposta in frequenza e parametri caratteristici di un tipico filtro passa-banda per equalizzatori. L’ampiezza può essere intesa sia come attenuazione sia come enfasi.

 

Analogamente si potrebbe parlare rispettivamente di filtro passa-banda e di filtro arresta-banda. Dette FL ed FH le frequenze alle quali l’ampiezza è inferiore di 3 dB (potenza dimezzata) rispetto al culmine della campana, la Banda di intervento BW del filtro è data dalla semplice relazione:

\[ BW=F_H-F_L \]

mentre la cosiddetta Frequenza centrale FC equivale alla media geometrica delle suddette frequenze-limite, ovvero:

\[ F_C=\sqrt {F_L·F_H} \]

Si definisce Fattore di Selettività Q il rapporto tra la frequenza centrale FC e la banda passante BW:

\[ Q=\frac{F_C}{BW}=\frac{\sqrt {F_L·F_H}}{F_H-F_L} \]

Nelle realizzazioni circuitali dei controlli di un equalizzatore grafico, una delle differenze principali concerne la capacità o meno di conservare il Q indipendentemente dal livello di intervento richiesto tramite lo slider. Ciò porta alla definizione degli equalizzatori grafici a Q costante e di quelli a Q proporzionale o variabile, questi ultimi di qualità inferiore (vedi Fig. 2).
Un filtro passabanda a Q costante (sotto) mantiene la banda passante a -3 dB invariata indipendentemente dal livello di intervento richiesto.

Fig. 2 – Un filtro passabanda a Q costante (sotto) mantiene la banda passante a -3 dB invariata indipendentemente dal livello di intervento richiesto.

 

Si noti dalla stessa definizione del fattore di selettività che un’equalizzazione a Q costante assicura automaticamente il mantenimento del dato di banda passante, ovvero dell’intervallo di frequenze di intervento del filtro passa-banda o arresta-banda associato al singolo slider. Se l’equalizzatore non è del tipo a Q costante, la banda di intervento BW è massimamente limitata e coincidente con la banda di intervento nominale (es. 1/3 di ottava) solo con lo slider al massimo di attenuazione o di enfasi, mentre tende ad ampliarsi tanto più quanto minore è l’intervento di correzione impostato, come risulta evidente in fig. 2 (si noti che in un controllo a Q variabile, la banda passante au-menta con il diminuire del fattore Q). Interventi con banda passante oscillante tra il 1/3 di ottava e l’intera ottava non devono meravigliare. Poiché le bande di intervento di controlli tra loro adiacenti si sovrappongono in modo più o meno consistente, ciò comporta che un singolo controllo non limita la sua influenza alla sola banda di intervento nominale ma la estende in parte anche alle frequenze superiori ad FH ed inferiori ad FL. Visivamente, pertanto la disposizione degli slider può non rispecchiare l’andamento effettivo della cu-va di risposta in frequenza impostata per l’equalizzatore. Con il progresso della tecnologia, i filtri impiegati sono divenuti via via sempre più selettivi (leggi pendenze elevate e ristrette bande passanti), in modo da assicurare regolazioni sempre più precise. Attualmente, è considerato standard l’equalizzatore grafico a terzi d’ottava, avente 31 controlli di volume, tre per ogni ottava (si ricorda che la banda audio comprende poco meno di 10 ottave). Le frequenze di intervento sono distanziate di un fattore 1,26 e sono precisamente le seguenti:

 20 25 31,5 40 50 63 80 100 125 160 200
250 315 400 500 600 800 1k 1,25k 1,6k 2k 2,5k
3,15k 4k 5k 6,3k 8k 10k 12,5k 16k 20k

Il termine “equalizzatore a terzi d’ottava” è da intendersi come riferito alla distanza tra due slider adiacenti (ovvero tra le frequenze centrali di intervento dei filtri) e non alla selettività dei filtri. Gli equalizzatori grafici sono particolarmente efficaci per il modellamento del suono ed in più sono al-quanto semplici ed intuitivi da usare. Viceversa, per il fatto che i filtri impiegati non sono particolarmente selettivi, l’utilizzo di un equalizzatore grafico in una applicazione particolare come è quella del controllo del rientro acustico comporta inevitabilmente inaccettabili perdite sia nel guadagno sia nella qualità sonora, con l’eccezione di equalizzatori a Q elevato e costante. A quest’ultimo proposito è bene sottolineare che l’effetto Larsen coinvolge suoni di frequenze piuttosto distanziate l’una dall’altra, con un ordine di apparizione che dipende dal livello acustico e dalla posizione relativa microfono-diffusore acustico. E’ pertanto facile comprendere che se per il controllo di un effetto Larsen si agisse abbassando lo slider la cui finestra di intervento comprende al suo interno la frequenza di innesco acustico, lo scotto da pagare sarebbe quello della perdita di tutte quelle informazioni sonore che hanno la sfortuna di cadere nel raggio d’intervento del filtro passa-banda associato.

Da tutte queste considerazioni discende che un equalizzatore, per essere fruibile su più versanti, dovrebbe poter consentire all’utente di modificare a proprio piacimento tutta una serie di parametri concernenti le peculiarità dell’intervento ed in particolare le frequenze di intervento, la larghezza di banda del filtro (o il suo Q se costante) e la sua gamma di intervento in ampiezza, in pratica il massimo incremento ed il massimo decremento (in dB) su cui si può contare. Equalizzatore parametrico.Tutto ciò ha portato all’introduzione del cosiddetto equalizzatore parametrico. L’equalizzatore parametrico prevede un certo numero di controlli, ciascuno dei quali ha una frequenza centrale selezionabile all’interno di un ampio intervallo di frequenze. Gli altri due “parametri” che sono selezionabili a piacere sono la banda passante ed il guadagno (attenuazione se di valore negativo). Un apparato a cinque bande, ad esempio, è dotato di cinque filtri passa-banda regolabili. Si osserva che la banda passante è spesso misurata in ottave, dunque ad esempio la posizione 0,3 corri-sponde ad un intervallo di un terzo di ottava. Gli svantaggi dell’equalizzatore parametrico discendono in primis dal suo costo elevato, sempre che l’applicazione non richieda un numero limitato di controlli, e da un impiego che alla prova dei fatti non si dimostra particolarmente agevole, visto che una sua corretta regolazione necessita di una notevole esperienza da parte dell’operatore oltre che dell’ausilio di apparati supplementari come fonometri o misuratori di livelli acustici.

Come detto, gli equalizzatori hanno come impiego principale il “modellamento” della curva di risposta di un impianto. Come tale si può spaziare dalla compensazione di comportamenti deficitari da parte del sistema diffusore acustico-ambiente (linearizzazione di enfasi o cali di risposta in ben determinati intervalli di frequenze) a modifiche spettrali in funzione del genere di programma da diffondere o delle caratteristiche percettive di chi ascolta. In ogni caso, data la complessità della corretta regolazione di una simile apparecchiatura, il suo impiego è consigliabile solamente quando detta regolazione viene effettuata una volta per tutte, ovverosia quando le condizioni da correggere sono costanti. Un equalizzatore parametrico (così come un equalizzatore grafico a Q costante e di valore elevato), ad esempio, può essere opportunamente impiegato per il controllo del rientro acustico solo quando le posizioni relative microfoni-diffusori acustici sono immutabili e le condizioni acustiche che si accompagnano all’applicazione non si modificano sostanzialmente. Da sconsigliare è viceversa un impiego in impianti in cui sono previsti uno o più microfoni a mano (applicazioni musicali, in luoghi di culto, ecc.).